Nostos/atmos

melologo per attore, clarinetto e quartetto d'archi
Nostos/atmos
(in quell’andare che ti denuda e sveglia)
melologo per attore, clarinetto e quartetto d’archi

2023
Musica: Giovanni Scapecchi
Testo: Francesco Pullia
Durata: 40′
Prima esecuzione: in corso di programmazione

Introduzione:
Ogni andare è un ritorno, ogni viaggio è risposta ad un appello impellente proveniente dall’interiorità. La nostra condizione presuppone l’esilio, il nomadismo, l’errare in vista di una sorgente luminosa che ci interroga e attrae. Siamo in transito, esperiamo la provvisorietà, cercando di non soggiacere al dolore, alle insidie proprie della finitudine, agli inganni dell’illusione, alle oscure trame che in ogni istante ci si pongono innanzi per stornarci, deviarci dal sentiero di conoscenza e amore che siamo chiamati a perseguire. Il cammino frastagliato che seguiamo è fatto di incontri, di volti, di sguardi, di mani che si tendono, s’incrociano e talora, quando prevalgono incomprensione, egoismo, chiusura, purtroppo si scontrano.
Siamo attraversati da parole in un incedere corale, plurale, in una moltitudine di presenze che ci apre e arricchisce. Nostos implica un itinerario dalle tenebre alla luce, complicità di ascolto scaturita dal silenzio, dall’accettazione e valorizzazione in noi di quanto ci giunge dall’altro. Atmos è aria, vapore, condizione cardine del passaggio. Evoca respiro, dilatazione, allargamento. L’universo non è sigillato in sé e, per questo, destinato alla dispersione. Al contrario si compone di radici disparate che tesaurizzano, riconvertendole in nuovo linguaggio, distanze, lontananze, anche quelle apparentemente più estreme. La comunicazione nasce quando una porta si schiude, l’anta di una finestra si spalanca lasciando che l’irruenza di un raggio venga a diradare nebbie e desolazione, a scaldarci, a renderci consapevolezza in concatenazione e affratellamento.
Non c’è specie, non c’è razza, non c’è monologo. Solo dialogo, il verbo (o vibrazione) iniziale che dà senso al pianto convertendolo in gioiosa trasformazione. Non c’è lavoro da compiere se non nell’umile, inderogabile, dismissione dell’abito consunto del nostro io. Noi siamo già loro, in ogni regno, in ogni dimensione, animale, vegetale, minerale. A partire dal nostro apparire sulla Terra, siamo in continua migrazione (e non solo per motivi economico-sociali). La sabbia brucia i nostri passi, le onde del mare sono solcate da speranze a volte tragicamente eluse, inghiottite dagli abissi, ma non desistiamo. Non saranno deserti e naufragi a trattenerci. Nel nostos/atmos è racchiuso il nostro destino, la nostra sfida alla morte, il nostro accenderci come fiamma.